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喝酒可以勿过度,这是我亲眼所见一个国人喝酒跟老婆吵架然后杀了老婆的真实事情……
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Uccise la moglie, condanna all'ergastolo
VIGEVANO. Una vita in carcere per una vita stroncata. Jianguang Hu, 44 anni, è stato condannato all'ergastolo. Il 7 giugno dello scorso anno aveva ucciso la moglie 42enne Wei Wei Jin a colpi di mannaia. La figlia minore era stata ferita alla mano sinistra nel tentativo di difendere la madre durante la violenta lite scoppiata nell'appartamento di via Uberti 16, dove la famiglia cinese viveva. Il giudice delle udienze preliminari Agnese Di Iorio ha letto la sentenza poco prima delle 16 di ieri, dopo circa due ore di camera di consiglio. L'imputato ha accolto la sentenza senza reazioni, ripiegato su se stesso, disorientato e confuso dalla scarsa e quasi nulla conoscenza della lingua italiana e delle regole di un mondo lontano da quello in cui è vissuto.
Quando lo avevano arrestato, dopo tre giorni di fuga in auto per la Lomellina, Jianghuang Hu temeva di finire davanti al plotone di esecuzione. Si era tranquillizzato solo quando gli avevano spiegato che in Italia, a differenza che in Cina, la pena di morte non esiste. Ma esiste la condanna a vita chiesta dal pubblico ministero Claudio Michelucci e applicata dal giudice che, in un giudizio con rito abbreviato, ha condannato l'ambulante cinese per omicidio volontario pluriaggravato e lesioni aggravate nei confronti della figlia. Non ha però accolto la richiesta di sottoporre Jianghuang Hu all'isolamento diurno nel carcere di Vigevano, dove è detenuto da un anno. Il pm ha ritenuto di chiedere il massimo della pena sottolineando la crudeltà con cui l'ambulante ha infierito sulla moglie dopo averla inseguita per la casa e colpita più volte con una mannaia da macellaio fino a sfondarle il cranio. La figlia minore, ora 15enne, dopo essere stata ferita, era riuscita a fuggire e aveva cercato aiuto nella vicina parrocchia della Madonna Pellegrina, dove alcuni ragazzi avevano chiamato il 118. La morte di Wei Wei Jin è il tragico epilogo di una vicenda familiare difficile, conflittuale fin dai tempi in cui la coppia viveva in Cina. La donna era venuta per prima in Italia, da sola, nel 1998. Il marito l'aveva seguita dopo qualche tempo adattandosi a fare mille mestieri e spesso vivendo lontano dalla moglie. La coppia si era riunita quando era stata avviata l'attività di commercio ambulante di abbigliamento. Hu era diventato coadiuvante della moglie e la famiglia aveva raggiunto un minimo di solidità economica, sufficiente almeno per chiedere il ricongiungimento e far arrivare in Italia le due figlie, che ora hanno 17 e 15 anni. Ma i rapporti tra i coniugi non erano sereni. A dividere la coppia c'erano motivi economici. Lui aveva cominciato a bere. Era sotto l'effetto dell'alcol quando ha colpito a morte la moglie e solo poche ore prima la donna era stata costretta a recarsi al Pronto soccorso per le percosse ricevute dal marito. «Mia moglie voleva uccidermi - aveva detto il commerciante cinese dopo la cattura -. L'ho sentita parlare al telefono con suo fratello. Diceva che voleva cedere l'attività e poi trovare qualcuno per farmi fuori». Denaro, rancori e una mente sconvolta dall'alcol hanno fatto precipitare la situazione fino all'omicidio. Il professor Mantero, perito nominato dal giudice, ha ritenuto l'imputato capace di intendere e volere, ma obnubilato dall'abuso di alcol. Lo psichiatra Riccardo Agostini, consulente tecnico di parte, ha definito la situazione familiare «una polveriera». «Ha agito sotto l'effetto dell'alcol - ha sostenuto il difensore Piercarlo Collivignarelli -. Non c'era premeditazione, è stato un tipico delitto d'impeto e anche le lesioni procurate alla figlia, a nostro avviso, potevano essere considerate colpose perchè inferte nella colluttazione». La difesa ha chiesto il minimo della pena e la concessione di attenuanti generiche e specifiche. Il giudice però non ha fatto sconti. Hu ha saputo dall'interprete quello che era stato deciso nei suoi confronti. Condanna a vita, con la speranza di un appello. «Sicuramente faremo ricorso - afferma l'avvocato difensore -. Ho detto a Hu di non abbattersi e non perdere la speranza». Speranza in quel che resta della sua vita per aver 'rubato" un'altra vita.
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